Sto scrivendo parole d'amore per una cerimonia di matrimonio e di soprassalto giro gli occhi verso il cellulare che squilla. Osservo il numero e vedo che la chiamata arriva alla SIM della nostra Socrem da parte di un numero che non ho in rubrica. Rispondo e sento dall’altro capo del telefono la voce di una persona matura e sicura di sé che mi fa domande a proposito di un comunicato che abbiamo inviato nei giorni precedenti. È una voce maschile, comunque gentile, anche se non ci risparmia qualche frecciatina per l'impegno che ci siamo volute prendere facendo ritornare in vita l'associazione. Rimaniamo d'accordo che sarei passata a salutarlo nei giorni seguenti. Gli impegni mi portano a procrastinare la visita poiché mi sarei dovuta letteralmente arrampicare sulla collina della città e il gran caldo ci metteva il suo impegno a ostacolare i miei buoni propositi. Fino a che, dopo una settimana, mi organizzo per essere lassù ad un'ora di afa sopportabile per varcare la sua porta.

Entrare nella sua azienda è stato come entrare in una bolla temporale, dove lo spazio e il tempo pareva avessero messo radici in un tourbillon di atmosfere. Trovo, nella penombra creata dall'ingresso diretto dalla strada chiara e quasi accecante di un sole spudorato, un uomo canuto dalla chioma bianca quasi immacolata che, seduto al lato sinistro della stanza, ascolta "In ginocchio da te" a tutto volume. Senza scomporsi troppo, cerca di spegnere la musica che usciva dallo smartphone senza riuscirci subito. Io ne canticchio sussurrando il ritornello e lui mi guarda e mi dice, formulando più una considerazione che una domanda "E lei si presenta con questo caldo?" Mi è da subito simpatico ma non lo do a vedere. Rispondo che glielo avevo promesso e osservo di soppiatto il suo outfit ricercato e variopinto, un misto tra un cantante anni 60 e un gentiluomo vecchio stile. Ha un gilet di stoffa fantasia che si abbina in nuance con pantaloni e camicia. Mi dice di accomodarmi e mi fa strada verso il fondo della stanza.


Il locale ha due sale con i soffitti bassi, fatti a volta, in mattoni pieni a lisca di pesce tenuti benissimo. Il contrasto con i muri bianchi ne esalta le forme e rende l'ambiente accogliente e familiare. Ci sono piante nei punti più illuminati, un divanetto con tavolino basso, dov'era seduto lui in posizione strategica come a fare da vedetta, poltrone, due sedie gemelle ai lati di una vecchia cassapanca sarda, quadri vari, mobiletti e un'infinità di suppellettili. E' l'esatta riproduzione dell'interno di una casa, un po' come nelle domus de janas …ma quella non era una tomba. Mi pare di entrare in una casa privata, con cimeli, quadri religiosi su ogni parete, ricordi e tutta una serie di oggetti che però riportano al tema della morte. Quando me ne rendo conto è troppo tardi perché ormai quegli oggetti stavano compiendo il loro incantesimo, ognuno catturava la mia curiosità.


In fondo alle due sale una grande scrivania, molto vissuta, il posto di lavoro di una persona che vi ha passato interi lustri macinando lavori su lavori. Dietro, un quadro piuttosto grande, un po' inquietante ma allo stesso tempo quasi pacificatore. Rappresenta alcune salme fuoriuscite dalle loro bare, sparse in un prato verde che parrebbe un cimitero profanato. Mi chiedo il perché di quello strano messaggio che mi ha dato da pensare. Non passa molto tempo e nel nostro chiacchierare piacevole scopro che questa persona durante il disastro della diga del Vajont era lì. Militare quasi in congedo, si offrì volontario a svolgere uno dei lavori più delicati chiesti ai giovani soccorritori all'indomani dell'evento doloso più evitabile della storia d'Italia, perpetrato dall'ingordigia di poche persone che hanno ucciso in pochi minuti quasi duemila innocenti e distrutto l'economia della zona: ricomporre i corpi delle vittime che venivano recuperate a poco a poco. Ecco il perché di quel quadro. Da quel momento, ho provato come uno slancio di affettuosa solidarietà per quello che aveva avuto modo di vivere, anche se non posso immaginare nemmeno lontanamente quello che il ragazzo di allora nell'uomo che mi sta raccontando con occhi sinceri possa aver provato. E quando mi ha confidato che lo stato italiano, qualche mese dopo essere rientrato in sardegna, gli aveva inviato un riconoscimento per il suo operato, ho provato come un senso di orgoglio patriottico che mi ha aperto il cuore per essere venuta a conoscenza che il mio stato, e indirettamente anch'io, aveva operato ricompensando quel ragazzo che aveva eseguito con così tanto amore e dignità un lavoro che alcuni potrebbero valutare ingrato ma che a livello umano ha avuto un valore incalcolabile. Grazie a quel riconoscimento, mi racconta l'uomo pacifico che ho di fronte, ha potuto avviare la sua attività. Lo osservo e noto che ha uno sguardo rapito dal quel ricordo. Ne parla con rispetto e mi mostra orgoglioso la foto del suo primo carro funebre, una macchina scura fiammante, dai larghi finestrini ornati da tendine di pizzo immacolate. Anche questo lo trovo romantico perché è uno di quei rari casi in cui l'avere dato un riconoscimento economico produce amore e bellezza. Credo che l'avvio di quell'attività sia pervasa da un amore di ritorno e contornata da energie positive, che trovo anch'esse estremamente romantiche. Già, trovo l'apertura di quell'agenzia funebre estremamente romantica, soprattutto perché ho per certo la prova che, quell'uomo, ha capito il senso della vita, anche se come filosofia di vita partiamo da due punti di vista decisamente contrapposti: lui estremamente credente, io una celebrante laica.

Quell'uomo, mi chiede alcune delucidazioni in merito alla Socrem, è interessato come se le chiedesse per se stesso e subito non afferro. Mi dice: "lo sa che stavo per andare dal notaio? Mi sta risolvendo un problema!". Resto palesemente sorpresa ma mi riprendo subito anche se, come se mi leggesse in viso, mi dice: "Non credeva oggi di acquisire un socio, vero?" Mi mostra la domanda di iscrizione fatta alla vecchia Socrem e mai portata fino in fondo. Manifesto senza vergogna un'espressione estremamente compiaciuta poiché, in quel momento, mi trovavo esattamente dove dovevo e dove volevo essere! Dopo quasi 60 anni di attività, quell'uomo canuto e saggio, ancora molto giovane dentro, diventa nostro socio e per me è come se Socrem Cagliari APS avesse riscattato, anche solo se per una millesima parte, un poco di quell'amore donato in quel vallone carico di sgomento, un amore per la sacralità della morte, che dev'essere dignitosa per ogni cittadino del mondo. L'ultima sorpresa me la offre nel momento in cui redige le sue volontà testamentarie, affidandomi il desiderio che le sue ceneri vengano destinate in un luogo del quale ancora non conoscevo l'esistenza. Una grande dimostrazione di pietas che qualcuno forse individuerà come frutto della sua devozione ma che io considero la prospera raccolta di una semina dal grande valore umano. Grazie M. per avermi reso l'onore di condividere la sua storia e anche per avermi dato preziosi suggerimenti di vita!

Welcome to WordPress. This is your first post. Edit or delete it, then start writing!

SOCREM
Società per la Cremazione di Cagliari APS

Associazione di Promozione Sociale
Iscritta al R.U.N.T.S. (Registro Unico Nazionale Terzo Settore) al n. 133249 
Affiliata Federazione Italiana Cremazione
Fondata il 13 Febbraio 2024
C.F. 92278580920
Sede Legale: Via Palabanda 16, 09123 Cagliari
CONTATTACI
Dona il 5x1000 a Socrem Cagliari APS:
nella tua dichiarazione dei redditi inserisci il nostro codice fiscale 92278580920.

Un piccolo gesto che a te non costa nulla, per noi può fare la differenza!
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram